RELATIONAL FRAME THEORY

La RELATIONAL FRAME THEORY (RFT) è una teoria che spiega la genesi e l’espressione del linguaggio e della cognizione umani. È una teoria saldamente radicata nella Scienza Contestuale del Comportamento e attualmente è uno dei più attivi programmi di ricerca nell’analisi del comportamento umano con più di 300 studi empirici a supporto (per un elenco completo dei numerosi studi a supporto consulta il link: https://contextualscience.org/publications selezionando la tendina “RFT: Empirical”).

La RFT offre una descrizione comprensiva del comportamento verbale umano inteso come Risposte Relazionali Derivate Arbitrariamente Applicabili organizzate a diversi livelli di complessità e derivazione,  in grado di rendere conto di specifiche tendenze d’azione negli esseri umani.

La RFT vuole essere una teoria contestualista e generale del linguaggio e della cognizione umani e, poiché tutte le caratteristiche chiave della teoria sono costruite in termini di variabili ambientali manipolabili, questa ha già condotto a diverse applicazioni in aree come quella dell’educazione, della psicoterapia, delle organizzazioni, dello sport, ecc. Ad esempio, nell’ACT ogni processo terapeutico è virtualmente connesso alla RFT e questo ha permesso lo studio sperimentale di tutte le sue componenti.

La RFT è di difficile comprensione immediata e richiede il possesso di svariati termini nuovi, per questo motivo possiamo solo limitarci a fornire un’ampia veduta d’insieme. Per un’analisi più approfondita in lingua italiana consigliamo il testo “Pensieri, Parole, Emozioni. CBT e ABA di terza generazione: basi sperimentali e cliniche” di Presti e Moderato (2019, Edizioni Franco Angeli).

Scienza contestuale e del comportamento

La RFT è radicata nella scienza contestuale del comportamento che ha per oggetto di studio l’azione-nel-contesto e ha l’obiettivo di sviluppare concetti, metodi scientifici e applicazioni pratiche utili alla previsione e all’influenza delle azioni umane, con ampiezza, precisione e profondità (cioè coerenza con le altre scienze di base, come ad esempio la biologia). I contestualisti funzionali cercano di dare vita a concetti e regole empiricamente fondati e ispirano la propria ricerca agli standard delle più solide scienze naturali.

Questo approccio adotta un criterio di verità pragmatico, cioè è vero ciò che permette di influenzare costruttivamente gli eventi, e può essere paragonato in un certo senso all’ingegneria, in cui vengono utilizzate regole e principi generali per prevedere e influenzare gli eventi. Nonostante l’impronta pragmatica la conoscenza a cui punta la scienza contestuale del comportamento è generale, astratta, applicabile alla maggior parte gli organismi, a qualsiasi coordinata spazio-temporale.

L’approccio allo studio degli eventi psicologici promosso dalla scienze contestuale del comportamento può essere descritto come selettivo, multidimensionale e multilivello. Nell’evoluzione biologica, le contingenze di sopravvivenza in un determinato ambiente selezionano quali tratti genetici persisteranno in una specie; nell’evoluzione comportamentale, le contingenze di rinforzo in un dato contesto selezionano quale classe di comportamenti persisterà all’interno del repertorio dell’individuo. Come già osservato da B.F. Skinner, sia l’evoluzione delle specie che l’evoluzione del comportamento possono essere descritte come selezione per conseguenze, e lo stesso processo si è rivelato utile anche per interpretare il comportamento dei gruppi e l’evoluzione delle pratiche culturali e sociali.

Il comportamento verbale

Nonostante possano esistere forme di cognizione che non coinvolgono direttamente il linguaggio, quest’ultimo è da considerarsi come un trasformatore e un organizzatore universale della cognizione umana.

All’interno della RFT il linguaggio e la cognizione vengono considerati un comportamento appreso, assimilabile a una forma evolutivamente recente e generalizzata di comportamento operante (https://it.wikipedia.org/wiki/Condizionamento_operante), esprimibile esclusivamente dalla specie umana (almeno con un certo grado di fluenza e complessità). Questo tipo di risposta viene definita all’interno della scienza contestuale del comportamento “comportamento verbale”, un’etichetta che racchiude al suo interno ciò che altre forme di psicologia definiscono linguaggio e cognizione.

Il comportamento verbale possiede le seguenti caratteristiche:

È relazionale: un individuo può rispondere a uno specifico stimolo (risposta rispondente o operante) oppure può rispondere a uno stimolo in funzione della relazione che esiste con un altro stimolo (risposta relazionale). Quando si parla di risposte relazionali si fa riferimento all’abilità di rispondere a relazioni tra stimoli e non alle caratteristiche di ciascuno stimolo separatamente. La RFT postula la potenziale esistenza di un indeterminato numero di relazioni a cui l’individuo può apprendere a rispondere. Se quella di coordinamento (A=B) è la prima e più primitiva forma di relazione, esistono numerose altre classi relazionali che vengono apprese nel corso dello sviluppo: opposizione, distinzione, comparazione, gerarchiche, causali, spaziali, temporali, deittiche.

È bidirezionale: la capacità di rispondere a una relazione tra stimoli sembra essere una caratteristica comune a diverse specie animali. Si è osservato infatti come un piccione sia in grado di apprendere risposte relazionali semplici come ad esempio “premi il tasto più grande”. Tuttavia se volessimo invertire tale relazione funzionale in “premi il tasto più piccolo”, dovremmo addestrare nuovamente il piccione. L’essere umano a partire dall’età di 12-18 mesi sviluppa la capacità di derivare automaticamente la relazione inversa una volta appresa una relazione in modo unidirezionale. Si dice che riesce a porre gli stimoli all’interno di una classe equivalenza. Questo meccanismo è alla base di ciò che consideriamo comportamento simbolico e referenziale, non per niente la radice etimologica della parola “simbolo” significa “riflettere la stessa cosa”. L’aggettivo bidirezionale si riferisce al fatto che gli stimoli vengono relati tra loro e una volta stabilita questa relazione mutano le loro funzioni in base alla tipologia di relazione stabilita, ad esempio una causa è tale in relazione a un effetto e viceversa.

È contestuale: con questo termine si intende che il comportamento verbale è controllato dal contesto, cioè da fonti di stimolazione ambientale che possono essere parzialmente o totalmente convenzionali o arbitrarie. Per esempio, bambini molto piccoli sanno percettivamente che 50 centesimi hanno delle dimensioni più grandi di 1€ rispetto alle loro proprietà fisiche, ma capiranno solo più tardi, dopo una congrua storia di interazione sociale, che 50 centesimi hanno un valore monetario inferiore rispetto a un 1€.

In un’accezione più ampia il contesto  è l’insieme delle contingenze che danno significato al comportamento e in questo senso non si intende solo l’ambiente immediato ma qualcosa di più ampio e articolato che comprende anche l’ambiente intrapersonale (gli stati interni come emozioni e pensieri), interpersonale (le altre persone e la società), la storia personale (ciò che non è presente qui e ora ma lo è stato nel nostro passato) e il tempo (in quanto variabile come il timing, la dilazione e la durata delle eventi).

In un’accezione più ristretta tuttavia è possibile considerare il contesto come qualsiasi evento antecedente che controlla il comportamento verbale. Per la RFT il contesto può essere manipolato secondo due dimensioni: relazionale (Crel) e funzionale (Cfunc). Il primo controlla quale tipo di relazione (coordinazione, opposizione, gerarchica, etc.) deve essere applicata in uno specifico momento, ad esempio “La parola inglese Dog in italiano significa Cane”; il secondo controlla quale funzione stimolo deve essere applicata in virtù delle relazioni effettuate in quel momento, per esempio “Io ho sempre avuto paura dei cani e da quando conosco che la parola inglese dog vuol dire cane, ogni volta che sento questa parola mi guardo intorno”. Il fatto che queste due tipologie contestuali siano differenziabili non significa che siano scisse in senso ontologico, uno stimolo verbale infatti può contenere entrambe le funzioni contemporaneamente e può inoltre non essere assolutamente distinguibile da uno stimolo discriminativo semplice. Questa suddivisione tra contesto relazionale e funzionale è risultata molto utile per la descrizione di diversi fenomeni verbali ma risulta ancora più importante per processi terapeutici come la defusione cognitiva (per la quale si accentua la distinzione Crel e Cfunc) e per l’uso dei paradossi funzionali in terapia (nei quali di evidenziano eventuali incongruenze evocate da Crel e Cfunc).

È generativo: a fronte di un numero limitato di risposte relazionali già apprese è possibile che si generino spontaneamente un numero non precisato di nuove relazioni derivate. Quindi, oltre a essere arbitrariamente applicabile (50 centesimi hanno un valore inferiore a 1€ solamente per convenzione sociale), questa più complessa forma di comportamento è combinatoria (per esempio, se 20 centesimi valgono meno di 50 centesimi e 50 centesimi valgono meno di 1€, allora 20 centesimi sono più piccoli di un euro), così da riuscire ad alterare in modi potenzialmente illimitati la funzione primaria degli eventi relati (se 50 centesimi sono già stati usati per comprare caramelle 1€ verrà ora preferito anche se non è ancora mai stato usato).

Complessità

Dalle diverse organizzazioni strutturali delle risposte relazionali emerge una nuova classe di risposta più generale definita: Arbitrary Applicable Derived Relational Responding (AADRR). Queste possono articolarsi in cinque livelli di complessità crescente, capaci di rendere conto di diverse manifestazioni del comportamento verbale umano:

Implicazione reciproca: è la forma di relazione più elementare di AADRR ed è il mattone di base del comportamento verbale alla base del fenomeno di referenza simbolica. Da questa tipologia di relazione emergeranno tutte le altre classi di relazioni (es. opposizione, comparazione, causali, ecc.)

Quadro relazionale (relational framing): con il relational framing due relazioni interagiscono tra loro dando vita al fenomeno di generatività linguistica più elementare, definita combinazione. Quest’ultima è alla base della capacità umana di dare vita a relazioni nuove e inaspettate (non direttamente insegnate) tra stimoli.

Relazioni di relazioni: questo livello aumenta ulteriormente la complessità del comportamento permettendo lo sviluppo di fenomeni cognitivi come il problem solving (definito nella RFT analisi verbale pragmatica), in grado mixare con finalità pragmatiche alcune proprietà assolute e relative degli stimoli. 

Reti di relazioni: man mano che la complessità cresce si presentano fenomeni sempre più articolati e astratti come le analogie, le similitudini o le metafore, spesso utilizzate in terapie per rendere più comprensibili ed emotivi i concetti più difficili da cogliere.

Relazioni tra reti di relazioni: la capacità di crescita e sviluppo del comportamento verbale umano è potenzialmente infinita, a questo livello nascono storie, racconti, sistemi matematici complessi, ragionamenti filosofici articolati e tutte le espressioni del linguaggio che conosciamo.

Derivazione

I livelli di complessità possono essere analizzati ulteriormente secondo quattro dimensioni:

Coerenza: la coerenza si riferisce alla misura in cui il sistema di relazioni è consistente con sistemi di relazioni precedentemente stabiliti e con le convenzioni sociali all’interno della comunità linguistica di appartenenza (per esempio: “Una macchina è più piccola di un camion”, “Solitamente ai nerd piacciono Star Trek e Star Wars…e la RFT”).

Complessità: dipende dal livello di dettaglio o di articolazione espresso dalle reti relazionali di una persona (per esempio: “Come stai?”, “Male”; “Come stai?” “mi sento molto angosciato per la malattia di mio padre, sento come una forte stretta al petto come se fosse un grumo di colore nero che preme da giorni sul mio sterno e da cui non riesco a liberarmi.”)

Derivazione: si riferisce a quanto è appreso un comportamento verbale. Questo infatti può essere sovrappreso e quindi presentarsi con un altissimo grado di fluenza e un costo di emissione molto basso, ad esempio “Tanto va la gatta al lardo…”, oppure può essere ancora in fase di apprendimento e strutturazione, come quando stiamo cercando di leggere e capire per la prima volta la Relational Frame Theory.

Flessibilità: si riferisce a quanto il comportamento verbale è sensibile ai cambiamenti di contesto, un amico che si rifiuta di aderire a una cena giapponese perché “io mangio solo cucina emiliano-romagnola” è un esempio di rigidità legata a una serie di relazioni verbali che coinvolgono il sé e che controllano il suo comportamento, invece un amico che risponde positivamente all’invito perché “non ho mai mangiato giapponese, potrebbe non piacermi, ma se non provo non posso saperlo” è un esempio di flessibilità verbale e psicologica.

L’uso congiunto di questi livelli e dimensioni hanno dato vita a un modello unificato di analisi dell’AADRR “al volo”, cioè nella sua espressione più dinamica e processuale. Tale modello è chiamato Hyper-Dimensional, Multi-Level framework (HDML) da cui emergono 20 unità comportamentali (5 livelli x 4 dimensioni) in grado di arricchire ulteriormente l’ampiezza ma anche la precisione dell’analisi.

Mentre si può essere tentati di vedere come verbale un comportamento che implica risposte relazionali e non verbale un comportamento che implica un contatto diretto con le contingenze, questa distinzione appare problematica per alcune ragioni, soprattutto quando l’analisi coinvolge la specie umana.

Innanzitutto una dimostrazione sperimentale del comportamento non verbale implicherebbe che gli individui possano mettere da parte la loro storia verbale esercitata in un dato contesto. Al momento un’analisi del genere sembra impossibile da realizzare.

Inoltre una risposta a bassa complessità e derivazione può essere topograficamente simile alla risposta di un organismo non umano. Ma nonostante risposte non verbali possano essere concettualmente possibili, risulta difficile poter ottenere un significativo grado di accordo sulla manifestazione di un comportamento genuinamente non verbale in un essere umano verbalmente competente.

Pertanto la RFT propone di abbandonare la distinzione verbale e non verbale a favore di una classificazione dei comportamenti basata su diversi livelli di derivazione, che vada da una derivazione minima e un contatto con le contingenze massimo (la RFT definisce questo tipo di comportamento, Brief and Immediate Relational Responses, BIRRs), ad esempio come avviene durante la pratica mindfulness dell’attenzione al respiro, a una derivazione massima e scarso contatto con le contingenze dirette, ad esempio come quando si cerca di risolvere un problema di logica o di matematica (la RFT definisce questo tipo di comportamento, Extended and Elaborated Relational Responses, EERRs).

I comportamenti BIRRs sono quelli che altre forme di psicologia hanno solitamente etichettato come “cognizione implicita” o “pensieri automatici” e all’interno dell’RFT vengono studiati sistematicamente all’interno di un programma di ricerca strutturato che coinvolge una metodica legata ai tempi di reazione denominata Implicit Relational Assessment Procedure (IRAP). Tali studi hanno permesso di fare luce su diversi fenomeni legati ai pregiudizi razziali, di genere, religiosi e dell’immagine corporea.

Tendenze all'azione

Andare verso (approccio) e l’andare via (fuga/evitamento) da qualcosa o qualcuno sono due tendenze comportamentali di tutti gli organismi. Da queste due tendenze si articolano tutti i modi e le manifestazioni comportamentali conosciute. La RFT è in grado di fornire una spiegazione delle preferenze e delle tendenze individuali nei termini dei prodotti delle reti relazionali complesse. Il modello ROE suddivide il processo di orientamento verso e via da in tre sotto unità: R relating, O orienting, E evoking. In breve, Relating si riferisce alla miriade di modi complessi in cui stimoli o eventi possono essere collegati verbalmente; Orienting si riferisce al notare o fare attenzione a uno stimolo o evento; e Evoking si riferisce al fatto che uno stimolo o un evento notato stimoli l’approccio (positivo), l’evitamento (negativo) o indifferenza (neutro).

Per esempio, immagina di essere in un bosco con un amico che ti avverte: “Da qui in poi fai attenzione ai serpenti perché si possono nascondere sotto le foglie e possono essere molto velenosi”. Se l’avvertenza è compresa, possono attivarsi diverse reti relazionali (ad esempio, “Indiana Jones non ha paura di niente ma ha paura dei serpenti”, “sarebbe proprio stupido morire in questo bosco”, “ho visto un documentario in cui dicevano che esistono serpenti che possono ucciderti in pochi secondi”) che può aumentare la probabilità che ti orienti verso qualsiasi forma o movimento simile a un serpente, seguito da un’opportuna reazione evocata, come arretrare, bloccarsi o pestare con gli scarponi il terreno o esplorare con un bastone il sottobosco.